Vini Zabù Brado KTM, Veljko Stojnić: “Sogno di essere il primo serbo al Tour de France, spero poter essere di ispirazione”
Il ciclismo nei paesi dell’Est Europa sta crescendo grazie a grandi campioni come Peter Sagan, Primoz Roglic e Tadej Pogacar, senza dimenticare gli investimenti delle federazioni che credono molto nei giovani e li accompagnano con percorsi di crescita mirati. Se la Slovenia è uno degli eldorado del ciclismo moderno proprio per il suo attento programma di scoperta e coltivazione dei talenti, e la Slovacchia sta emergendo grazie al suo indiscusso uomo faro, anche altre nazioni dell’area stanno cominciando a portare sulla scena i loro gioielli. Uno fra questi è il serbo Veljko Stojnić, già due volte campione nazionale a cronometro, malgrado abbia solamente 21 anni. Il corridore in forza alla Vini Zabù Brado KTM ci ha raccontato, in collaborazione con i nostri amici di BornToCycle, i suoi esordi nel mondo delle due ruote e la sua prima stagione da professionista.
Per iniziare raccontaci le tue caratteristiche come corridore.
Sono nato nel 1999 e ho iniziato a correre nel 2012 all’inizio dell’estate. Prima ho giocato a basket per 5 anni, non ho iniziato così presto come fanno tutti qui in Italia ma mi sono appassionato immediatamente alla bici.
Raccontaci qualcosa di te, i tuoi interessi e le tue passioni.
Oltre al ciclismo mi piace passare il tempo libero con la mia ragazza visto che ci vediamo poco perché passo la maggior parte del mio tempo in Italia. Mi piace guardare film, serie TV e giocare con i videogiochi e ovviamente mi piace bere un espresso.
Cosa puoi dirci del ciclismo nel tuo paese?
La situazione in Serbia non è ottimale al momento, il ciclismo dovrebbe crescere ancora di più perché non è uno degli sport più seguiti. Ovviamente, il calcio, ma anche il basket e la pallavolo, sono molto più popolari, quindi il ciclismo viene dopo. Così spero in futuro di fare bene e di essere d’ispirazione per i futuri giovani ciclisti e contribuire a far crescere il movimento.
Il tuo 2019: hai, partecipato al Giro Under 23, ai campionati del mondo e ha conquistato l’argento ai campionati nazionali in linea e a cronometro. Raccontaci queste emozionanti esperienze
Nel 2019 ho corso con il Team Franco Ballerini qui in Italia e siamo riusciti a qualificarci per il Giro d’Italia. La corsa era davvero durissima, piena di salite, perfetta per gli scalatori e per i colombiani, non proprio adatta alle mie caratteristiche. È stata veramente durissima, ma una grande esperienza. Poi ai campionati nazionali, pur non essendo in perfette condizioni fisiche, ero sicuro di vincere. Ma nella crono, a sorpresa, mi sono trovato sorpreso da un altro ragazzo che è andato fortissimo, mentre nella prova in linea mi sono arreso in volata a Dusan Rajovic che corre nella Nippo Delko Provence. Ai campionati europei ero davvero scarico e nella cronometro non sono andato affatto bene, mentre nella prova in linea siamo stati davvero sfortunati perché Dusan era molto ben posizionato e sarebbe potuto salire sul podio, ma con la pioggia è stato coinvolto in una caduta che lo ha tagliato fuori dai giochi. Ai Mondiali in Yorkshire ho provato ad andare in fuga diverse volte, ma i miei tentativi non sono andati a buon fine. Non conoscevo il percorso perché non abbiamo avuto tempo per una ricognizione, quindi quando è esplosa la corsa sulla salita ero posizionato nelle retrovie del gruppo e sono rimasto attardato. Poi non c’è stato nulla da fare per rientrare davanti. Insomma una stagione dove ho vissuto grandi emozioni: purtroppo in questi grandi eventi non ho fatto buoni risultati, ma devo dire che ho vinto due splendide corse in Italia che mi hanno permesso di essere qui a correre in una squadra professionista
Il tuo 2020, debutto in Sud America, prima Argentina e poi Colombia: come ti sei trovato a correre fianco a fianco con i più forti corridori al mondo?
La mia prima stagione tra i professionisti con la Vini Zabù KTM è iniziata in Sud America. In Argentina è stata una splendida esperienza, ma è stato durissimo passare da zero gradi qui a oltre 30 gradi. Nonostante il gran caldo è stata una grande esperienza, sono anche andato in fuga e ho lavorato bene con il team, entrando subito nei meccanismi della squadra. Mi sono trovato benissimo. Poi siamo andati direttamente in Colombia ed è stata una nuova esperienza estrema a gareggiare a oltre 2500 metri, con arrivi anche a 3000 metri, ed è stato durissimo competere contro gli atleti di casa. Noi potevamo solo cercare di restare aggrappati in gruppo più che potevamo. Un esperienza incredibile, ma che non vorrei ripetere perché è assolutamente impossibile per me essere competitivo in certe condizioni.
Il Giro degli Emirati, la tua prima esperienza in una gara World Tour. Sei stato protagonista con grandi tentativi da lontano e poi lo stop per il virus
Negli Emirati è stata la mia prima gara World Tour: nella prima tappa ho vinto il traguardo intermedio e ho preso la maglia, conquistando anche la maglia di miglior giovane che poi ho perso nella seconda giornata. Ero sempre all’attacco, ma il gruppo ci ha sempre ripreso prima del traguardo e in queste azioni ho sempre preso punti al traguardo intermedio. Purtroppo, per un solo punto non sono riuscito a vincere la speciale classifica a punti perché nell’ultima tappa un corridore della Trek mi ha preceduto di pochissimo allo sprint intermedio, senza alcuna ragione apparente, e la maglia verde dei punti è sfumata per poco. Poi la corsa è stata sospesa ed è iniziato il lockdown, quindi mi resta il rammarico di non aver avuto l’occasione di provare a conquistare la maglia nelle ultime due tappe che non si sono disputate.
Dopo il lockdown, sei arrivato pronto per una stagione intensa e quali erano i tuoi obiettivi
A marzo, sono tornato in Serbia e sono tornato a correre a fine agosto con il Giro d’Ungheria, 5 giorni di gara e mi sono divertito, sono andato in fuga il primo giorno, poi per tre giorno ho lavorato in gruppo per il nostro sprinter, ma non siamo stati abbastanza fortunati . Nell’ultima tappa che finiva in salita ho lavorato per posizionare il nostro capitano nella miglior posizione possibile ai piedi della salita finale e poi nella Tirreno – Adriatico ho provato ad andare in fuga, lavorando per la squadra negli altri giorni, mentre nelle ultime gare in Toscana e Peccioli ho faticato perché la Tirreno – Adriatico è stata davvero dura e la fatica accumulata si è fatta sentire.
Per il futuro dove vuoi arrivare e qual è la corsa dei tuoi sogni?
Voglio sempre dare il massimo anche perché devo dire che è una stagione strana dove regna l’incertezza e ogni corsa è combattutissima. Sono contento di essere qui in questa squadra e di avere la possibilità di competere ai massimi livelli come alla Tirreno – Adriatico. Per il futuro, a partire dal prossimo anno voglio continuare a crescere e voglio arrivare ad essere competitivo per la vittoria nelle corse di un giorno e provare a competere per la classifica generale nelle corse a tappe, quelle di categoria 2.1, 1.1 e Pro Series, poi in futuro vedremo. Il mio sogno è quello di essere il primo serbo a correre il Tour de France
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